La corrida




Durante il nostro viaggio, non abbiamo assistito ad una Corrida,  ma vale la pena di approfondire questa tradizione affascinante anche se controversa, profondamente calata nella cultura spagnola. 
La corrida ha origini lontanissime, basti pensare che alcuni storici ritengono che questo gioco abbia fatto le sue prime apparizioni in epoca etrusca.  Tuttavia,  in Spagna, si sviluppò a partire dal XVI secolo, ma in una forma diversa rispetto a quella odierna. Essa consisteva in una sfida tra uomo e animale, in particolare tori. I toreri dell'epoca erano solitamente dei nobili, che montando a cavallo e uccidendo i tori, davano sfoggio del loro potere e della loro abilità. Possiamo quindi dire che la “corsa dei tori” era considerata come una sorta di manifestazione pubblica, effettuata con lo scopo di mettersi in risalto all’interno della società. 
Successivamente, i nobili hanno cessato di essere protagonisti di questo gioco e sono stati sostituiti da toreri che, a differenza loro, non combattevano l’animale a cavallo, ma a piedi. Inoltre venne introdotta la figura dei picadores, ovvero assistenti con la funzione di caricare l’animale, ma allo stesso tempo anche di placarlo, in modo da evitare scontri troppo violenti.
Non tutti i re spagnoli furono favorevoli alla corrida. Infatti alcuni di essi si opposero, ma spesso con vani risultati in quanto questo rituale era ormai entrato a far parte della tradizione ed era molto amato dal popolo. Persino Francisco Franco la bandì in quanto non voleva che le altre nazioni avessero un’idea negativa sulla Spagna. Oggi, la città di Barcellona, più sensibile a tematiche animaliste, ha bandito questa usanza. 
In genere, in una corrida ci sono tre toreri e sei tori che si alternano ed essi provengono tutti da allevamenti specializzati (ganaderías), la maggior parte dei quali si concentra nelle regioni dell'Andalusia e dell'Estremadura, le zone della Spagna a più forte tradizione taurina. 
In tutta la Spagna ci sono circa 400 Plaza de Tores e in ognuna è presenta una cappella dove i toreri ricevono la benedizione prima dell’ingresso nell’arena; è tradizione che il prete segua tutta la corrida. Le feste più note in cui si svolgono delle corride sono quella di Medina Celi, San Isidoro, a Madrid e San Firmino a Pamplona. Negli altri paesi, la corrida si svolge solo una volta all’anno, durante la festa del patrono.



Alla fine della rappresentazione, al toro possono capitare due diverse sorti: se ha combattuto in modo particolarmente valoroso e non ha subito gravi ingiurie, esso potrà essere risparmiato e rimesso in un allevamento dove potrà dare origine a una nuova prole, oppure, in caso contrario, potrà essere brutalmente ucciso e alcune sue parti del corpo potranno essere donate, in segno di ricompensa, al torero. 
La corrida ha influenzato anche l’ambito della letteratura. Lo scrittore americano Ernest Hemingway, ad esempio, scrisse La Morte nel Pomeriggio, un saggio centrato sulla corrida e sul senso della vita. Il torero, tuttavia, non viene criticato, ma anzi vengono esaltati i suoi valori, tra cui il coraggio, o forse la sfrontatezza, di mettere in rischio la sua vita e, uscendone vincitore, la sua capacità di poter farsi considerare come un mito immortale.